La guerra dei razzi. Furia di Hamas, pugno duro di Israele

Anatomia del conflitto appena riesploso in Medio Oriente con Barack Ravid, giornalista israeliano delle testate Walla e Axios, tra le voci più indipendenti e lucide nell’interpretare l’attuale fase. Hamas, spiega, è ormai in grado di produrre in autonomia armi sofisticate, con gittata fino a 200 chilometri. I fondi arrivano da Iran e Qatar, ma c’è anche l’autofinanziamento sottoforma di gabelle al valico di Rafah. La potenza di fuoco dell’organizzazione terroristica, con decine di razzi sparati contemporaneamente per penetrare il sofisticato sistema antimissile del nemico, non ha precedenti nei passati confronti.

La guerra è l’epilogo di settimane di tensione culminate con il tentativo delle autorità israeliane di sgomberare quattro famiglie arabe di Gerusalemme Est in nome di presunti diritti di proprietà vantati da famiglie ebree e avallati da una legge, secondo il giornalista, obsoleta e discriminatoria. Secondo Ravid, ben più dei razzi dovrebbe preoccupare la faglia sempre più profonda tra la maggioranza ebrea della società israeliana e la minoranza araba, oppressa e marginalizzata. Una minaccia interna che si sta materializzando in guerriglia urbana in molte città dello Stato ebraico.

Conduce Ilario Piagnerelli.

Israele-Striscia di Gaza: il fuoco continua

Continua lo scontro fra Israele e la striscia di Gaza. Più di 1.000 razzi sono stati lanciati verso Israele che ha effettuato centinaia di attacchi aerei su Gaza. Preoccupano gli scontri all’interno dei territori israeliani fra gli arabi -israeliani e gli ebrei israeliani nella città di Lod, con l’ONU che teme una “guerra su vasta scala”.

Ne parliamo con Ariel David giornalista di Haaretz in collegamento da Tel Aviv e con Michele Giorgio corrispondente del Manifesto da Gerusalemme

Conduce Marina Lalovic

L’inferno e la rinascita

Con l’obiettivo di andare a elezioni nel 2023, il presidente del Sud Sudan ha appena sciolto il Parlamento e a breve ci sarà la nomina dei nuovi membri, nel rispetto degli accordi di pace del 2018 per mettere fine alla guerra civile iniziata subito dopo l’indipendenza. Durante quel conflitto, nel 2016, la vita della ex cooperante Sabrina Prioli va in pezzi: a Juba per 4 giorni è intrappolata in un compound, l’Hotel Terrain, viene ripetutamente picchiata, aggredita e violentata da uomini con la divisa militare. Sopravvive per miracolo, rientra in Italia e – come ha raccontato nell’intervista di Marina Lalovic – trova il coraggio di tornare in Sud Sudan al processo e riesce a fare condannare i colpevoli. Sara De Simone, ricercatrice dell’Università di Trento, che ha lavorato a lungo a Juba, ci aiutato a ripercorrere la storia del Sud Sudan – dal petrolio alle fratture etniche – e anche i legami con l’Italia: spiega, ad esempio, perché alcuni comandanti militari hanno nomi italiani.

Conduce Veronica Fernandes

Afghanistan. Le strage delle bambine e le incognite del ritiro Usa

La più lunga guerra dell’America sta per finire. Le truppe si preparano al ritiro definitivo dell’11 settembre, data simbolica scelta da Joe Biden. Ma l’Afghanistan è pronto? In un rapporto di intelligence fatto “declassificare” da una senatrice democratica, si ammette che i talebani potrebbero riportare il Paese indietro di vent’anni, segregando le donne, negando l’educazione alle bambine, autorizzando i matrimoni infantili e il diritto d’onore. Sono gli stessi timori di 16 milioni di donne afghane, di cui ci parla Huma Saeed, accademica afghana dell’università di Lovanio in Belgio. Con Giuliano Battiston, giornalista esperto dell’Afghanistan, analizziamo i rapporti tra le forze in campo all’indomani dall’odiosa strage di studentesse a Kabul.
Conduce Ilario Piagnerelli

La violenza in Colombia

Dal 28 aprile la Colombia è attraversata da forti proteste per la riforma fiscale, annunciata e poi ritirata, dal presidente Iván Duque. Si stima che sono almeno 37 i morti e centinaia gli scomparsi. Le proteste erano iniziate per contestare una proposta di riforma fiscale, ma sono presto diventate qualcosa di diverso e più grande, dirette contro l’intero operato del governo. Al momento si stima che il 43 per cento della popolazione sia povero, il 7 per cento in più rispetto al periodo pre-pandemia, e nell’ultimo anno 2,8 milioni di persone sono finite in condizione di estrema povertà: cioè quella di chi guadagna meno di 145mila pesos al mese, circa 32 euro.

Parliamo con Alessandro Rampietti, corrispondente di Al Jazeera in Colombia

Conduce Marina Lalovic

Brexit. Acque agitate nella Manica

I pescatori francesi manifestano in mare, Parigi minaccia di staccare la corrente all’isola di Jersey, Londra invia due navi da guerra. Il tutto fa pensare che Brexit sia stata solo l’inizio e non la fine di un periodo di tensioni e controversie, forse sinora anestetizzate dalla crisi pandemica. Intanto il Regno Unito è andato al voto per una serie di elezioni locali, tra cui quelle per il sindaco di Londra e per il parlamento della Scozia. Se riconfermata, la premier Nicola Sturgeon promette un nuovo referendum per l’indipendenza di Edimburgo e il reingresso nell’Unione europea. Abbiamo fatto il punto con Maurizio Carta, giornalista di News Alliance e TPI. Conduce Ilario Piagnerelli.

I numeri della pandemia in Russia

A mancare all’appello in Russia dopo 12 mesi di pandemia sono 460 mila persone secondo Rosstat, l’istituto nazionale di statistica del paese. E poi le sanzioni ai vertici europei, Navalny e le prospettive politiche dell’opposizione nel paese.

Parliamo con Anna Zafesova, giornalista esperta in questioni russe

Conduce Marina Lalovic

Palestina senza elezioni

Niente urne per i palestinesi, il presidente dell’Anp Abu Mazen le rinvia a tempo indeterminato. Delusione e rabbia in Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est. Protestano i giovani: molti non hanno mai visto un’urna, le ultime consultazioni risalgono al 2006.

E poi, la campagna vaccinale in Israele: le riaperture di Tel Aviv nel racconto di Fabiana Magrì.

Ospite Claudia De Martino, ricercatrice Unimed.

Conduce Emma Farnè

India. Tutte le colpe del populista Modi

L’India in ginocchio per la seconda ondata. Mentre il mondo si mobilita, il governo di Narendra Modi chiama l’esercito a gestire le unità di terapia intensiva. Ma a questo punto si è arrivati anche a causa di una catena di errori e scelte dello stesso Modi. Dopo una prima fase virtuosa, il 75 leader populista vicino all’estremismo indù, si è mostrato più attento al consenso elettorale che al contrasto della pandemia di covid-19, ci spiega Ugo Tramballi, editorialista del Sole24Ore e senior advisor di ISPI. In questa puntata anche il reportage esclusivo dell’inviato della CNN Sam Kiley dalla terapia intensiva del Batra Hospital, un ospedale di Nuova Delhi considerato di alto livello ma come tutti colpito dalla tragica penuria di ossigeno.

Censimento Usa. Così la demografia deciderà il voto

Gli Stati Uniti hanno appena concluso il decennale censimento. La popolazione è in crescita ma ai livelli più bassi dalla crisi del 29. E cambiano gli equilibri tra i singoli stati, con riflessi in termini elettorali. Il numero di seggi alla Camera dei rappresentanti attribuiti ai singoli stati dipende infatti dalla da quanto pesano in termini demografici. Sette stati avranno meno seggi al Congresso di quanti ne abbiano ora e sei ne avranno di più. New York, roccaforte democratica, raggiunge i minimi storici per rappresentanza. L’attuale maggioranza di Biden alla camera si regge su una manciata di voti alla camera e addirittura sul solo voto di Kamala Harris al senato e già alle elezioni di medio termine del 2022 i repubblicani sperano di ribaltare la situazione. Anche grazie a leggi elettorali più restrittive negli stati che governano. Perché la guerra della rappresentanza, sotterranea e all’ultimo sangue, si svolge anche a colpi di regolamenti, come quelli che accorciando i giorni di urne aperte per scoraggiare il voto dei neri. Proprio per questo il presidente democratico propone una legge federale che fissi paletti minimi sul diritto di voto. L’analisi del vicedirettore di RaiNews24 Oliviero Bergamini ci restituisce il quadro di un’America in transizione, dove la componente “caucasica” tra alcuni decenni sarà minoranza, e il suprematismo bianco tenta di cavalcarne le paure. In chiusura di puntata, un servizio della CNN sulla cosiddetta “sindrome dell’Avana”: misteriosi attacchi con microonde ai danni di diplomatici americani nel mondo. Ma la CIA indaga su due casi avvenuti proprio su suolo americano, perfino a due passi dalla Casa Bianca. Conduce Ilario Piagnerelli.