Israele: tutti gli ostacoli del nuovo governo

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Trattative per il nuovo esecutivo israeliano vicine a una svolta. Si lavora per rafforzare un accordo che unirebbe partiti politicamente agli antipodi: si prospetta la fine di un’era che dura da 12 anni, quella di Netanyahu.

Gaza: geografia della ricostruzione. La particolare configurazione della Striscia rende difficili i progetti di recupero degli edifici danneggiati o distrutti durante la guerra.

Ospiti: Menahem Gantz, consulente di comunicazione e Francesco Chiodelli, professore associato di geografia urbana dell’Università di Torino.

Conduce Emma Farnè

Il virus uscito da un laboratorio? Non è più un tabù

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l presidente Biden ha ordinato alle agenzie di intelligence Usa di riferirgli nei prossimi tre mesi se il virus del Covid-19 possa essere emerso per la prima volta in Cina da una fonte animale o da un incidente di laboratorio. L’inchiesta dell’OMS, fortemente condizionata dalla Cina, si è infatti conclusa in un nulla di fatto; al mercato di Wuhan il virus non è mai stato isolato e ancora si cerca l’animale intermedio tra il pipistrello e l’uomo. Nel frattempo sono emersi molti elementi sulle attività dell’istituto di virologia della città cinese, sorta di capitale mondiale degli studi scientifici sui coronavirus dei pipistrelli. Fonti di intelligence americana hanno rivelato che tre ricercatori di quel centro si ammalarono con sintomi compatibili con la malattia. Ma solo una nuova indagine sul campo può dare una risposta definitiva, ed è fuori discussione che Pechino ne autorizzi una nuova, per giunta a stelle e strisce. Il ministero degli Esteri cinese ha già risposto: gli Stati Uniti vogliono solo attaccarci. E intanto Facebook non censura più gli articoli sull’origine “artificiale” della pandemia: una parziale riabilitazione per Donald Trump, che sin dall’inizio aveva puntato il dito contro le opacità del Dragone. Facciamo il punto con Claudio Pagliara, Federico Rampini e Lisa Iotti. Conduce Ilario Piagnerelli.

Ruanda. Mea culpa di Macron: “Ma non fummo complici”

Responsabilità sì, complicità no. Il presidente francese, Emmanuel Macron, ha riassunto così il ruolo del suo Paese nel genocidio dei Tutsi, avvenuto in Ruanda nel 1994. “Sono qui al vostro fianco, con rispetto e umiltà, per riconoscere le nostre responsabilità”, ha detto Macron in una visita ufficiale a Kigali, capitale ruandese. L’inquilino dell’Eliseo ha sottolineato che Parigi “non è stata complice” di quel massacro di oltre 800 mila persone, anche se “di fatto restò al fianco di un regime genocidario”. L’obiettivo di Macron è normalizzare le relazioni tra i due Paesi “dopo 27 anni di una distanza amara, di incomprensioni e tentativi di riavvicinamento sinceri ma senza successo”. Alla fine di marzo una commissione presieduta dallo storico Vincent Duclert, istituita da Macron nel 2019 per analizzare il ruolo svolto dalla Francia nel genocidio, ha consegnato il suo rapporto finale nelle mani del presidente. A Checkpoint l’analisi di Mariastella Rognoni, docente di storia e istituzioni dell’africa all’università di Firenze, e di Emmanuel Dupuy presidente dell’istituto Prospettive e sicurezza in Europa. Conduce Ilario Piagnerelli…

Il caso Bielorussia

Un aereo dirottato su Minsk, l’arresto di un giornalista dissidente e della sua fidanzata: la Bielorussia è come una “Corea del Nord”, denuncia la leader dell’opposizione in esilio. Ma per il presidente Lukashenko, Viktor Protasevich “è un terrorista”. Intanto la tv di Stato bielorussa difende l’ultimo dittatore d’Europa. E definisce i Maneskin “pervertiti, omosessuali, degenerati”.

Ospite Ekaterina Ziuziuk, presidente dell’associazione dei Bielorussi in Italia, Supolka.

Conduce Emma Farnè

George Floyd, la memoria e le riforme


 
Ad un anno esatto dall’uccisione di George Floyd a Minneapolis l’agente Derek Chauvin, che per oltre 9 minuti gli ha premuto un ginocchio sul collo, è stato condannato (sentenza rarissima: il 99% non viene nemmeno incriminato). 30 stati americani hanno approvato riforme della polizia che riguardano soprattutto l’abolizione delle manovre di soffocamento e la regolamentazione dell’uso della forza. Manca ancora però una legge federale – che Biden avrebbe voluto vedere oggi – e i dati ci dicono che le vittime della violenza della polizia sono aumentate rispetto allo scorso anno. Claudio Pagliara, corrispondente da New York, traccia un bilancio di questo anno: dalla politica al movimento Black Lives Matter. Ndack Mbaye, giurista, ci aiuta a capire perchè la nostra opinione pubblica dia più rilevanza al razzismo (e alle sue vittime) negli Stati Uniti che al razzismo in Italia.

Africa Mediata

Rainews ha mostrato in anteprima il report realizzato da Amref insieme all’Osservatorio di Pavia: analizzando il lavoro dei media italiani emerge che la copertura del continente è scarsa, stereotipata e piegata ad una prospettiva eurocentrica. Si parla molto di Nord Africa, di terrorismo, di migrazioni e di carestie, quasi mai di Africa Centrale e Orientale. I quotidiani dedicano in media una notizia ogni 10 all’Africa nel suo complesso, i tg l’1,6% della programmazione in prime time (con Rainews, unica eccezione, sopra il 3%). Che effetti ha questo tipo di narrazione sulla società civile? Quali sono le conseguenze della esclusione della complessità? Ne abbiamo parlato con Guglielmo Micucci, direttore di Amref, Paola Barretta dell’Osservatorio di Pavia, Ada Ugo Abara di Arising Africans (e curatrice di una rassegna stampa alternativa) Leaticia Ouedraogo, attivista e autrice di una serie di rubriche su Instagram, Matteo Fraschini Koffi, giornalista freelance in collegamento da Dakar e Massimo Bernardini, giornalista e autore televisivo.

Migranti a Ceuta, alle radici di un’emergenza

Il dramma umano delle migliaia di migranti respinti a Ceuta, l’enclave spagnola in Marocco. E le ragioni della tensione tra Madrid e Rabat. “Non ci faremo ricattare” ripete il governo spagnolo. A Checkpoint parla di crisi diplomatica tra i due paesi l’ambasciatore del Marocco in Italia, Youssef Balla. Tra i temi di scontro ci sono le cure garantite in Spagna al leader del fronte Polisario, che reclama l’indipendenza del Sahara occidentale. Un territorio conteso, retroterra dell’ennesima crisi migratoria che scuote l’Europa. L’opinione del giornalista spagnolo Enric Juliana del quotidiano La Vanguardia. Da Ceuta gli aggiornamenti dell’inviato Ilario Piagnerelli.

Conduce Daniele Lorenzetti

Le varianti del conflitto Israele-Gaza

Dopo dieci giorni di guerra asimmetrica con oltre 200 palestinesi uccisi e 12 vittime israeliane in questa puntata di Checkpoint analizziamo insieme al professor Francesco Strazzari del Sant’Anna di Pisa cosa possa definirsi vittoria, sia per Israele sia per Hamas. Nel nostro fact-checking abbiamo cercato di ricostruire il peso dei i gruppi estremisti su Whatsapp nell’organizzare le aggressioni contro gli arabi israeliani nelle città a popolazione mista. Abbiamo parlato anche dell’emergenza migranti a Ceuta, l’enclave spagnola in Marocco, con le accuse a Rabat di aver ridotto il controllo sulle frontiere in risposta alla decisione di Madrid di ospitare per cure mediche un leader del fronte Polisario, il movimento nazionalista che da decenni chiede al governo marocchino l’indipendenza del Sahara Occidentale.

Verso il cessate il fuoco?

Per mettere fine al conflitto che, entrato nella seconda settimana, è costato la vita a oltre 200 palestinesi e a 12 israeliani l’Egitto ha proposto un cessate il fuoco tra Israele e Hamas che potrebbe entrare in vigore da giovedì. E’ un’opzione possibile? E cosa succederà dopo a Gaza, nelle città dentro i confini israeliani in cui ci sono stati per la prima volta scontri violentissimi tra ebrei e arabi israeliani? Lo abbiamo chiesto a Tal Schneider – giornalista esperta di politica e relazioni diplomatiche del Times of Israel, in collegamento con noi da Tel Aviv – e a Christian Elia – condirettore della rivista di approfondimento Q Code Mag che più volte è stato a Gaza per seguire le operazioni militari e raccontare la vita dei civili nella Striscia. E ancora: sui social media, con un video che mostra bambini truccati con sangue finto, si accusano i palestinesi di mentire sul numero dei feriti per ottenere supporto dell’opinione pubblica  – nel nostro fact-checking abbiamo dimostrato che la notizia è falsa (anche se il video è vero: risale al 2017 e si tratta di un’esercitazione medica).