La situazione in Etiopia sembra precipitare di giorno in giorno. I ribelli del Tplf, il Fronte di liberazione popolare del Tigray, una regione settentrionale, cingono d’assedio la capitale Addis Abeba, controllando le vie d’accesso. Il segretario di Stato americano Anthony Blinken, in visita nel vicino Kenya, fa appello al cessate il fuoco e al dialogo. Ma il conflitto sembra essere ormai avviato verso una guerra civile a tutto campo tra la potente minoranza tigrina, che ha governato il Paese per trent’anni, e le truppe del primo ministro Abiy Ahmed, quest’ultimo appartenente all’etnia maggioritaria, quella degli oromo. Secondo Nicola Pedde, direttore dell’Institute of Global Studies, il Tigray punta all’indipendenza e potrebbe trascinare nel conflitto anche l’Eritrea. Il peccato originale del premier premio Nobel, spiega, è quello di aver di fatto estromesso la componente tigrina dal potere, ignorando la struttura “etno-federalista” del Paese. Il rischio all’orizzonte, dice, è quello di una balcanizzazione dell’intero Corno d’Africa. Nel frattempo la comunità etiope in Italia, come altre nel mondo, accusa i media di disinformazione e protesta ai cancelli della Rai, in quanto sarebbe succube di una narrazione filo-Tigray imposta dai grandi media internazionali. Conduce Ilario Piagnerelli.